ARTI MARZIALI E DIFESA PERSONALE EFFICACE

Riflessioni che scaturiscono quando si parla di difesa personale con Maestri che hanno più 30 anni di pratica marziale…

Frequentare un corso di Arti Marziali può concretamente aiutarci a cavarcela in una situazione di difesa personale?

La risposta può essere lunga quattordici pagine oppure risolversi con una frase. Personalmente preferisco il secondo approccio: dipende dalla persona. Anche le Arti Marziali sono soggette a mutamenti di pensiero, di diversi approcci ad essa a seconda della generazione di Maestri che le tramanda, da piccole/grandi rivoluzioni di concepirle, insomma, sono soggette alla "moda". Negli anni ’70 si pensava che chi frequentasse un corso di arti marziali (che se era in Italia era inevitabilmente il Judo) fosse una specie di supereroe invulnerabile e un po’ pazzo. Negli anni ottanta si sono diffuse altre discipline giapponesi comprendendo fasce di popolazione più eterogenee e anche le donne; negli anni ’90 c’è stato il boom delle Arti Marziali provenienti da tutti i paesi, l’importante che non fossero le "rigide e troppo schematiche giapponesi". In questo evolversi del "mercato" delle Arti Marziali cosa è cambiato nel concepire la difesa personale? Faccio molta fatica a credere a qualsiasi persona che mi dice d’aver iniziato a praticare un’arte marziale per "tenersi in forma, per scoprire me stesso, per aumentare la mia disciplina…". Se non si sta parlando del Tai Chi Chuan, chi inizia ad avvicinarsi ad una palestra per chiedere quanto costa un corso di Karate è perché vuole imparare a difendersi (che è diverso dal voler imparare a menar le mani, sia chiaro). Bene, quindi la difesa personale sembra essere la molla che fa scattare l’interessa di un individuo verso le Arti Marziali. Se durante la pratica di essa, se non smette dopo i classici tre mesi, l’individuo capisce che sta imparando qualcosa di più che cercare di parare dei pugni urlando o tirando calci a scatti, cioè la famosa Disciplina, la Consapevolezza del Sé e la famosa forma fisica ideale, tanto meglio. Torniamo al discorso della difesa personale. I pionieri delle Arti Marziali in Italia si sentivano invincibili. Stavano imparando "la scienza del fare a botte" importando tecniche quasi "aliene" elaborate in un lontano passato burrascoso di una nazione che si trova dall’altra parte del mondo… E in effetti qualche risultato lo hanno ottenuto nei primi anni ’60, quando erano giovani e pieni di testosterone gli attuali 4° 5° Dan di Judo, Ju Jitsu e Karate che ora guidano il settore tecnico e la tradizione delle rispettive discipline. Ogni occasione era buona per "testare sul campo" le tecniche appena apprese. Negli anni ’70 si diffondono sempre di più le Arti Marziali giapponesi in Italia e la dominano per vent’anni circa, creando a ruota libero stuole di cinture nere/istruttori che apriranno svariate palestre in tutte le città. Nominatemi un aggregato urbano degno di questo nome, abitato da essere umani, che non abbia la sua palestrina dove si faccia il suo bravo corso di Karate/Judo/Aikido. In questo periodo d’oro la parola d’ordine era: pratica seriamente un’Arte Marziale e avrai la grande responsabilità di essere in grado di uccidere una persona a mani nude. Questo sentimento traspare bene da una pubblicità che visto riportata su di un noto settimanale di attualità del 1978, dove un’intera pagina era dedicata al "Ju Jitsu, l’Arte Mortale dei Samurai. Impara anche tu a diventare invulnerabile. Fatti Rispettare…" e altre amenità al testosterone del genere. Era la pubblicità di un libro sul Ju Jitsu. Come? Io ho fatto Ju Jitsu? Certo! Ma ero troppo piccolo nel 1978 per aver letto quella pubblicità… J

Negli anni ottanta i Maestri tendono ad orientare gli allievi (che entrano nel Dojo perché interessati ad imparare a difendersi, ripeto) al rispetto della Tradizione, al voler proporre come cose applicabili totalmente nella realtà i Kata codificati tempo prima, ma con qualche variazione per rispondere alle esigenze pressanti di difesa personale. Ecco che in questo periodo nascono i "puramente applicabili in palestra" kata di difesa da coltello e pistola, adattandoli da kata originariamente pensati per contrastare attacchi di pugno… C’è ancora qualcuno che tiene i suoi corsi di "difesa personale" basandosi su queste aberrazioni marziali, tecnicamente bellissime, operativamente da suicidio. Dopo dieci anni ecco alla ribalta in Italia le Arti Marziali del Sud-Est Asiatico, e sono un vero e proprio vento di rivoluzione di pensiero. Interi gruppi di  praticanti di Arti Marziali giapponesi che letteralmente volano ad integrare i propri insegnamenti con queste tecniche da "pirati filippini". Io sono uno di questi. Ma la rivoluzione è ancora più straordinaria: ci sono dei Maestri/istruttori (alcuni liofilizzati, in quanto creati in meno di tre mesi d’istruzione, alla faccia dei 5 anni per la cintura nera 1°Dan delle discipline giapponesi J ) che affermano "che quello che state imparando potrebbe non funzionare nella realtà, può solo aiutarvi… Insomma potete diventare istruttori di Kali (in tre mesi, ovvio), ma lo stesso essere pestati in discoteca". Siamo passati in vent’anni dal concetto di invulnerabilità totale al fatto che forse, nonostante l’impegno (e i soldi) che investiamo nel nostro corso di combattimento a corta distanza con bastone lungo, bastone corto, doppio bastone, coltello, coltello e bastone, kubotan, kerambit (che tanto dobbiamo girare sempre disarmati)… Possiamo non saltarci fuori in una colluttazione contro il primo fesso che non ha MAI varcato la soglia di una scuola di Arti Marziali. Verità o trucco del mercato ("ti avevo avvertito che potevi non farcela, mio discepolo, ora smetti piangere e vai a farti ingessare…")? Verità, usata spesso però come "saggezza da dare all’allievo". Anzi, altri Maestri si spingono ancora più in là! Affermano anche che "La difesa Personale non si può insegnare davvero…". Mi chiedo cosa avrebbe detto a commento di questa frase l’autore del libro di Ju Jitsu del 1978. Poi le cose sono cambiate anche nel periodo di tempo necessario ad imparare a difendersi. Allora, tempo fa (i mitici anni ‘70-’80) l’allievo prima di prendere la sua agognata cintura nera impiegava anni. Ora l’equivalente grado nelle discipline del Sud-Est Asiatico si ottiene in qualche lezione di poche ore ogni tot. mesi. Okay, è vero che gli stage di adesso sono meno "annacquati" e dovrebbero far vedere solo le cose che interessano, ma è pur sempre una bella differenza dal richiedere all’aspirante allievo di essere martellato per tot. volte alla settimana, invece che ogni tanto nel corso di un anno. Anche perché se il soggetto in questione è un po’ "dispersivo" (e di questi tizi il mondo pullula), col cavolo che si allena tot. volte alla settimana per mantenere vivi gli insegnamenti tra uno stage e l’altro, giusto? Nessun problema, spesso se paga tutta la retta puntualmente alla fine dello stage ha sempre il suo pezzettino di carta. Poi, prima discoteca, prima colluttazione e primo sangue dal naso. E prima delusione. E il sistema del Sud-est asiatico non va più bene: è inefficace. Ho estremizzato un po’ la cosa per far capire bene il discorso, ma non sono poi così tanto lontano dalla verità… J

Le Arti Marziali, fondamentalmente cosa fanno? Educano il nostro corpo a dei movimenti e ci danno delle strategie di comportamento, giusto? Se non siamo abituati a pensare in termini di riflessi, assorbimento dei colpi, contrattacco a bersagli paganti, uso proficuo di oggetti contundenti e determinazione nel farlo, è chiaro che siamo candidati per il Pronto Soccorso in caso di colluttazione. Ma prendiamo un bel ragazzone ben piantato, mettiamoci un bel po’ d’orgoglio in testa e un pizzico anti-inibizione quando è il caso di frantumare la testa a uno solo perché gli ha guardato male la ragazza. SE uno è determinato può affrontare la cintura nera di qualsiasi disciplina e massacrarla se, quest’ultima nella sua palestra, ha perso più tempo a pensare alla disciplina interiore e non a coltivare della sana aggressività. Chiusa lì. Parlando con un autorevole Maestro di Arti Marziali con 25 anni di esperienza e botte sul serio per strada (che fortuna!) alla domanda "Chi è la persona che hai incontrato nella tua vita che definiresti <<guerriero>>?" lui risponde senza esitazione "Il marito di mia sorella, che non ha mai fatto un corso di arti marziali, ma è cattivo come una bestia". Allora, adesso, il buon Maestro di Arti Marziali ai nuovi allievi dice che è tutto una questione di "grinta". Magari tra dieci anni, quando si farà di nuovo il giro di boa, si dirà di nuovo che basta solo iscriversi ad un corso di Arti Marziali giapponesi per essere imbattibili. E magari si tornerà ad insegnare a parare le coltellate al ventre incrociando i polsi, oppure a disarmare aggressori armati di pistola automatica stringendo bene il gruppo canna/carrello facendo una bella leva al polso… Perché? Perché diranno: "Quelle tecniche filippine che insegnavano tot anni fa erano poco realistiche, infatti chi le applicava sul serio prendeva sempre delle botte…". Allora, sempre colpa della tecnica della tal Arte MArziale… O di chi le applica? J

 

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