INCONTRANDO DAN INOSANTO

Dan Inosanto: la leggenda vivente delle Arti Marziali Filippine.

Non ha bisogno di presentazioni.

Tutti i praticanti italiani di Arnis/Kali/Escrima, bene o male, sanno chi è . Molti lo hanno incontrato nei suoi seminari in Italia, e solo in cinque sono andati a trovarlo direttamente nella sua Accademia. Io sono il quinto, per quello che ne so, e l’unico che non ha richiesto una fotografia al suo fianco da pubblicare in Italia come un trofeo e a non aver fatto almeno un’oretta d’allenamento ad un tariffario da capogiro.

Io avevo solo il desiderio d’incontrare questa Leggenda nel suo habitat naturale, vederlo come conduceva una lezione “a casa sua”, ed al limite parlarci. Ce l’ho fatta, e mi considero fortunato.

     L’Accademia Inosanto è umile e poco appariscente quasi quanto colui che gli ha dato il nome. Si tratta di un capannoncino industriale americano fatto con tanto legno, qualche pannello di cartongesso e un pochino di cemento nelle pareti esterne. Gli americani costruiscono gli edifici per uso comune con la stessa capacità con cui sanno fare da mangiare…

    Nessuna insegna al neon, nessuna insegna verniciata a caratteri cubitali sulla facciata dell’edificio…  Che senso avrebbe? L’Accademia sorge in una strada anonima, laterale di un’arteria viaria principale, nella periferia di Marina del Rey. Confinano con essa due casette ad un solo piano modello film americano di serie B e di fronte ad essa c’è un piazzale recintato abbandonato. Come si riesce a capire se si è arrivati nel posto giusto? Sulla facciata sono appesi degli striscioni in PVC con stampato sopra “INOSANTO ACADEMY –KALI-SILAT-JEET KUNE DO” “BRAZILIAN JU JITSU – SUBMISSION”.

    Allora è questa… Un cancello bianco carrabile aperto a metà porta un cartello che avverte che chiunque parcheggerà davanti ad esso verrà portato via dal carroatrezzi. Dietro di esso quattro auto tipiche americane: grosse, larghe, enormi, di colore bianco, mezze-pickup e dotate sicuramente di inutili marce automatiche. Sull’altro lato una non meno ridicola Harley Davidson. OK, c’è gente. Devo scendere dall’auto che ho noleggiato e semplicemente entrare e dire… E dire? Ho configurato questo evento non quante volte, ma non ho mai pensato a cosa dire una volta dentro. Mentre sto pensando a cosa dire oltre a “Good Morning”.
Esce qualcuno. Un uomo bianco, calvo, trentenne. Va a controllare qualcosa dentro ad una delle auto inutili nel parcheggio poi rientra subito. Sulla facciata ci sono due porte. Uno è un portone tipo garage, l’altra è una porticina a vetri. Almeno ho capito quale devo usare. Chi era questo tizio? Un allievo? Un istruttore di Inosanto? Un tirapiedi di Inosanto? Uno che non c’entra un bel niente? E’ ora di darsi una mossa. Esco dall’auto, attraverso la strada deserta, e attraverso il cortile. Arrivo davanti alla porta a vetri, strapiena di adesivi  cartellini, di cui mi colpisce solo uno rosso e nero: CLOSED. Ma il tizio che è uscito prima? Spingo la porta. La porta non posso aprirla tutta se non voglio farla sbattere contro una parete di mattoni verniciati di bianco da cui è stata ricavata una finestrella a vetro scorrevole tipo vecchia banca. E’ come una reception. Deserta. Guardandomi a destra la parete inizia ad essere tappezzata ordinatamente di cornici nere con vetro che ospitano decine di copertine d’arti marziali vecchie e nuove che ospitano Inosanto in vari momenti della sua vita marziale. Anche molto vecchie: in alcune  aveva ancora i capelli neri. Qualche targa metallica: Martial Artist Hall of Fame 1979, 1981, 1996. Qualche foglio scritto a macchina con il logo del Dipartimento della Difesa USA, Esercito, Marina… Ringraziamenti per i servizi d’addestramento offerti. Proseguendo sulla destra c’è una porta a sbarre verniciate di bianco che proteggono una scala verso un piano superiore. Sbarre con ben due serrature. Gli spogliatoi? Alla parete che ospita l’ingresso la solita raccolta di cornici e dediche d’attori, combattenti, allievi (a volte questi personaggi sono tutte queste cose in uno). Steven Seagal, Jeff Imada, Rock Hudson, Angelina Jolie (che sfoggia una pessima grafia con una firma improbabile), e tanti tanti altri che manco so riconoscere. Gente in giacca e cravatta con pettinate anni ’80, gente in pose da boxeur, gente a petto nudo con dei bastoni, spade, spadini, spadoni, coltellacci in mano, gente in mimetica… Saranno almeno un centinaio. Guardo alla mia sinistra. Ed ecco uno scorcio della palestra. Pavimento scuro, le corde di un ring. Ai lati del ring accumulati dei colpitori. Appoggiato alle corde del ring il tipo calvo che avevo visto prima, che sta parlando con un accento “non-so-cosa” ma sembra essere uno che ne sa. Sta parlando di condizionamento muscolare negli esercizi senza pesi. Una cosa mi colpisce: c’è freddo. Molto freddo, per essere in una giornata di sole californiano. Fuori ci sono 23° almeno, qui dentro è come se si fosse in una sala operatoria. Poi l’odore… Odore tipico di palestre dove si suda molto e a piedi scalzi. Non è un fetore insopportabile, ma è decisamente avvertibile. Mi sposto per vedere di più dello stanzone, e lo vedo. Basso, con la pelle olivastra, i capelli (quelli rimasti) ormai sbiancati, e vestito di scuro. Ma è indiscutibilmente lui: con al sua smorfia tra il mezzo sogghigno e preoccupato. Abbiamo un contatto visivo. Mi fa un cenno col mento e con una voce gentile, molto gentile, si rivolge a me: “Hi, how can I help you?”. E vabbene, di quello che devi dire. Cercando il miglior equilibrio tra educazione e serietà mi presento: dico come mi chiamo, da dove vengo, e che “passavo di qua” per un saluto rapido e per lasciare un piccolo pensiero. Inosanto sorride con la smorfia e mi fa cenno di avvicinarmi, come se non avesse capito un bel niente, o per sentirsi ripetere ciò che a cui non riusciva a credere. Faccio solo due passi nello stanzone. Il tizio alle corde mi saluta, contraccambio. Dentro al ring quattro persone. Uno con i capelli bianchi e a spazzola, in “full Inosanto uniform”, gli altri tre sono due ragazzi asiatici giovani, e uno di essi sembra la replica di Jeff Imada da giovane (capelli alle spalle compresi) e l’ultimo è un bianco cicciotello stempiato con barbetta. I tre sono vestiti in maniera casual e tutti sono in calzini. Mi guardano come se fossi un alieno. Saluto, e mi fanno un cenno col capo. Solo il vecchio mi sorride sinceramente. Gli ho interrotto la lezione…

Ripeto quanto detto prima, Inosanto mi richiede il nome, e lo sbaglia, come tutti gli anglosassoni. Francesco non è la stessa cosa di Fransisco. Allunga la mano e ci salutiamo. Bella stretta e la pelle della sua mano è di cuoio. Gli dico subito di essere desolato di essere arrivato d’improvviso e affermo di attendere la fine della lezione per poterlo salutare. Inosanto, con un inchino, mi ringrazia. Io ritorno nel “corridoio” della reception. Ritorno a guardare i dettagli della stanza. Proprio sotto il vetro della reception ci sono le domande d’iscrizione all’Accademia. Fatte probabilmente con Word. Solite cose: nome, cognome, esperienze precedenti d’altre arti marziali? Perché iscriverti all’Inosanto Academy? E poi le domande un po’ meno comuni: hai mai fatto uso di droghe? Hai mai avuto problemi con la Giustizia? Hai malattie mentali? Se hai risposto “SI” alle domande precedenti, descrivi nei dettagli il motivo… Molto americano. In un paese dove prima di avere qualsiasi servizio paghi in anticipo con la carta di credito, qui ci si basa sulla sincerità individuale per certi tipi di risposte. Il tizio pelato si mette a parlare di posizioni stabili con il tiro delle armi da fuoco corte. Braccia in avanti, baricentro basso, piede sinistro avanti, piede destro indietro, se si è destrimani. Inosanto scuote al testa: “al contrario, fate il contrario di tutto” dice sorridendo al tizio  pelato. Intuisco che Inosanto non ha esperienza con le armi da fuoco e che trova divertenti, per qualche motivo, certe posture. Sotto il vetro della reception c’è un GUEST BOOK con decine di pagine già scritte, dove s’invita a lasciare nome e cognome ed email. La mia email è già nel presente che voglio consegnarli. Di fianco un libro di pelle, tipo agendone, con scritto sopra con lettere adesive: INOSANTO BIRTHDAY GREETINGS. Evito di aprirlo. Sotto i biglietti da visita. Ne prendo uno: dozzinale a dir poco. Cartoncino tipo di quelli che si comprano a cenitanaia in fogli A4 da ritagliare, poche informazioni e una foto, sempre la solita (lui che fa doppio bastone con la bionda che lo seguiva fino ai primi anni ’90-ma chi sarà?), in bassa risoluzione inkjet. Il risultato è anche più deplorevole di certi nostri istruttori di AM filippine auto-certificati che nel marketing investono sicuramente molto di più (magari partendo proprio da una bella foto fatta con Inosanto in qualche seminario italiano).

I minuti passano ed Inosanto continua a parlare… parlare… Incomincia a muoversi con un footwork a triangolo e poi a rombo, muovendo le braccia simulando diretti, parate, deviazioni, molto fluidamente. “It’s all in breaking the rhythm… It’s all there… Break the rhythm in combat, always…” I tizi intanto si sono seduti sui colpitori a lato ring e lo osservano, in silenzio.

“Swing the arms… And you’ll get a great workout, for cardio especially”.

Il tizio pelato annuisce vistosamente a occhi chiusi. Poi anche lui stringe la mano ad Inosanto e se ne va non senza salutarmi come se fossi un suo vicino di casa da anni, con tanto di stretta di mano. Gli americani sono così.

Insosanto mi chiama: “Hey, You, you… You can enter…” l’inglese di Inosanto non è eccellente, nonostante abbia sempre vissuto negli USA. Arrivo fino alle corde del ring. Mi chiede come mai sono passato di lì e che stile pratico di Kali. Rispondo sinceramente, ma senza dare troppi dettagli. Non ha senso. Dieci anni pratica di AMF e con studio di uno stile particolare. Quando gli dico il nome dello stile, Inosanto, che intanto si è seduto sui colpitori anche lui, scuote la testa come se avessi chiesto ad un pensionato di dirmi qualche frase in islandese antico.

Mi chiede da che parte d’Italia provenissi e come mai lo conoscevo. La seconda parte della domanda poteva risparmiarsela, credo. Gli dico Parma, vicino a Milano (di solito funziona con gli stranieri). Ma anche in questo caso scuote la testa con sguardo vacuo. Allora passo alla seconda informazione da dare agli stranieri quando devo dire da dove vengo: “Parmesan Cheese, Parmesan Ham”.

“OOOOOHHH Yesssss!” I suoi occhi s’illuminano, la sua solita espressione contrita/preoccupata (che ha SEMPRE –stimo una mezza paresi-) viene sostituita da un sorriso divertito. Anche gli allievi, che per tutto lo scambio di battute si erano limitati a farmi i raggi X, una risonanza magnetica nucleare e se potevano avrebbero cercato di sapere anche il mio segno zodiacale e numero di scarpe, annuiscono in concerto tra sorrisi sinceri. Mi sa che se portavo una punta di Parmigiano ci scappava la lezione gratis…

E invece no…  

Gli allungo il CD. Avevo calcolato di non trovarlo assolutamente, di dover passare da mille filtri, di magari trovare la palestra chiusa etc… etc… Quindi mi ero preparato una copia de “IL MIO KALI” con tanto di dedica in copertina e la mia email. Ebbene si: Inosanto ha un ninnolo in più da aggiungere alla sua immensa schiera! Il mio libro: non solo non gliene fregherà niente, ma non l’ho nemmeno tradotto in inglese! Però posso sempre dire di aver dato una copia del mio libro ad Inosanto. J

IL resto della palestra a piano terra (perché dal sito dovrebbe essere anche un “piano di sopra”) mostra sulla parete alla mia destra una decina di sacchi da box appesi di diverse pezzature, un pavimento con tre piazzole con dentro 3 cerchi concentrici (le distanza di combattimento, direi così ad occhio), e sul lato opposto tre uomini di legno su telai fissi. Tornando ad esaminare il ring, mi viene da dire che non è molto a  norma: i paletti porta corde sono formati da una sbarra d’acciaio IPE forata verniciata di bianco. Senza imbottitura. Beh, insomma, Inosanto non è un personaggio da disturbare con l’equivalente USA della Legge 626…

Inosanto squadra il CD, sembra leggere la dedica (in inglese, almeno quella) e mi stringe la mano con un inchino ringraziandomi. O è un attore, o lo è diventato a forza di istruirne oppure davvero gli ha fatto piacere ricevere il CD. Non mi sbilancio a dare la risposta. Inosanto si laza in piedi perché è arrivata altra gente. Un altro Asiatico giovane e un armadio umano bianco, pelato ma con la barba, maglietta nera senza maniche che espongono due braccioni ricoperti di tribali. Il “vecchio” coi capelli a spazzola mi attacca bottone, dicendo che una volta ha fatto Roma-Milano in autostrada e si era fermato Parma, trovandola una cittadina molto interessante. Mi presenta all’armadio umano tatuato.

“Christopher” e mi stritola la mano con la stretta di saluto. Sente la mia risposta.

“Where do you come from?” m’indaga subito.

“Italy”. Christopher ha un mezzo sorriso.

“So You’re here for a sort of pilmigrage…” la sua non è una domanda, ma un’affermazione. E ha ragione. Mi guardo attorno: si, è stato un pellegrinaggio. “You’re lucky to be here” prosegue sorridendomi più affettuosamente. Si, sono davvero fortunato.

Inosanto è già stato intercettato in domande e discussioni dagli allievi. Mi avvicino per salutarlo, proprio mentre un allievo asiatico dice allegramente: “Want to raise your blood pressure? Go to the toilet!” ed imita il gesto universale della defecata con sforzo sovrumano, tra le risate di tutti.

Saluto Inosanto, che mi stringe la mano di nuovo e mi dice: “I’ll be in Rome, i don’t know when in 2007, but i should. Meet me again there”.

Si, certo, come no. Ma direi che è stato mille volte meglio incontrare Inosanto così, a <<casa>> sua, che in un caotico seminario dove si apprende poco, si paga tanto, e alla fine c’è gente che vuole solo fare la foto tessera con lui.

Inosanto è sì una persona da 300 $ all’ora. Ma la si può apprezzare totalmente nella sua umanità nella sua Accademia. E oggi, vedendolo così interagire con così po che persone, ho imparato cose su di lui che in dieci di suoi appuntamenti in Italia. Le tecniche? Oh, quelle s’improvvisano dopo i seminari, no? ;-)

Qualche cenno preliminare sulle foto ed il video: Le foto le ho "ingenuamente" scattate col mio palmare. Ho voluto prenderle senza chiedere un consenso preventivo ad Inosanto, non tanto per maleducazione congenita italiana, ma per avere qualcosa di più spontaneo possibile. E la qualità è quella che è. Stessa cosa per il video. Si, lo so, è girato di 90°... Ma è perfettamente comprensibile lo stesso (serve che abbiate installato Quicktime per vederlo...). Sono foto che servono più che altro a catturare l'atmosfera, le sensazioni che c'erano in qual momento. Potrò aver violato la privacy di Inosanto, e me ne scuso fin da adesso, ma penso che ne valga la pena. Sopratutto non ci lucro sopra, che è la cosa più importante in assoluto. Diciamo che dedico questa visita e queste foto a tutte quelle persone che non potranno mai andare alla sua Accademia.


L'Accademia vista dall'altra parte della strada... Si, lo so... Potevo abbassare il finestrino sporco...


La parete con un gruppo delle copertine di riviste che lo ritraggono


Il biglietto da visita "ultra-economy"


Solo una piccolissima porzione delle foto con dedica. Il riflesso ha rovinato la pessima grafia della Jolie (sopra a Seagal)


Eccolo! La prima immagine di Inosanto


Un'altra immagine durante la sua lezione

Il video "storto"

 

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